lunedì 17 dicembre 2007

La lacrima dell'ingiustizia- I Parte (racconto breve)

L’aula magna dell’università era gremita di persone. Sul tavolo della presidenza, il Magnifico Rettore era seduto accanto a un uomo ben distinto, giacca e cravatta, un anziano professore. Il viso di quest’ultimo, a vederlo la prima volta, trasmetteva profonde emozioni.
- Professor Anselmi, mi scusi se mi permetto, ma, arrivati a questo punto della nostra conferenza, ecco, le volevo chiedere di raccontarci un’esperienza che l’ha profondamente colpita quando viveva negli Stati Uniti- fece il Magnifico Rettore.
Dalla platea si levarono bisbigli e sussurri, spinti dall’interesse che avrebbe potuto suscitare la risposta dell’ospite.
Il Professor Anselmi si strinse nelle spalle, inarcò le sopracciglia. Le rughe della fronte si fecero più visibili. Si raccolse in riflessione per qualche secondo. Nell’aula regnava il silenzio.
- Beh, ne avrei molto da raccontare- e dopo alcuni secondi:
- Ormai, però, sono passati moltissimi anni da allora. Ero solo un ragazzino.
- Però, se non sbaglio - prese parola il Rettore - lei, prima di tornare qui, in Italia, visse nella città di New Orleans proprio durante la segregazione razziale tra bianchi e neri, giusto?
- Esatto.
- Ebbene, per i nostri studenti e per i presenti , non ricorda un episodio che, riguardo tale tematica, l’ha colpit profondamente tanto da essere ricordato per tutta la vita?
La folla era attenta, e studiava ogni minima espressione o gesto del professore.
Il viso del Professor Anselmi ripiombò in una profonda riflessione, che questa volta durò una manciata di secondi.
Il tempo pareva essersi fermato, l’aria era immobile, il silenzio regnava sopra ogni cosa. I volti delle persone erano assorte, le bocche chiuse, le spalle dritte, gli occhi fissi sulla figura del Professore.
Ad un certo punto, il viso dell’uomo si illuminò, e gli occhi parevano aver cambiato colore. Una lacrima accarezzò la guancia .
- Durante la notte di Capodanno del 1928 mi recai, assieme ai miei amici bianchi Terry e Rudolf, nel quartiere negro di New Orleans. Se non ricordo male, vi ci recammo per far visita a un nostro amico nero. Il suo nome, non lo dimenticherò mai, era Charlie. Abitava con la madre nella zona più povera del quartiere, in una baracca di fango e legno. Avevamo tutti tredici anni, poco senno, nessuna esperienza, e una ferma volontà di distinguerci dagli altri.
Quella sera ,tra le strade e i vicoli bui della città, era festa. Quella sera, ricordandola oggi, fu forse l’unica a lasciare un segno indelebile nella mia vita.
C’eravamo dati appuntamento, se non ricordo male, sotto l’ “Uncle Joe’s Cafè”, a duecento metri dal vecchio tribunale. Arrivati al punto di ritrovo, ci sedemmo su di un marciapiede, e aspettammo Charlie. Il tempo passava, e di Charlie neppure l’ombra. Aguzzai la vista, e l’orologio posto sul Campanile di San Luigi segnava le undici e mezzo.
- Strano- dissi rivolto ai miei amici.
- Charlie doveva essere qui mezz’ora fa.
- Sarà successo qualcosa- fece Terry.
- Forse non ci riesce trovare, semplicemente.
- E ci credo! Non è facile vederci con tutta questa gente.
- Mah!- disse Rudolf. - Secondo me è successo qualcosa.
- Ragazzi, che volete che vi dica? Speriamo di no …- conclusi, alla fine.
C’era veramente troppa gente. Non si riusciva a respirare, a camminare, neanche a farsi strada; dopotutto si avvicinava la mezzanotte, e tutte le persone andavano a raccogliersi a Bourbon Street, dove si sarebbe svolta la festa di Capodanno. Con grande fatica, ci facemmo spazio tra la folla e riuscimmo ad entrare in un vicolo buio, dove non c’era nessuno. Ci sedemmo per terra, tra la spazzatura e la polvere, appoggiamo le schiene sul muro scrostato. Ci riposammo, senza dir nulla. Dopo qualche minuto, Terry si alzò, e diede un’occhiata fuori dal vicolo.
- Il tumulto già se ne sta andando.
- Ah, sì?- fece Rudolf, alzandosi pure lui.
- A quest’ora staranno già tutti a Bourbon Street.
- Sicuro.
- E ci dovevamo stare pure noi …
Poi, da seduto, feci: - Aspettiamo Charlie, e , quando arriva, andiamo!
- E quando arriva?- chiese Terry, ormai nervoso.Mise le braccia conserte.
- Non lo so. Però, facciamoci vedere fuori dalla strada.
Il tempo passava. Il campanile di San Luigi segnava mezzanotte meno un quarto. Terry sbuffò; Rudolf si risedette per terra. Io, in piedi, ero appoggiato all’entrata del vicolo, in modo da essere visto da Charlie, qualora fosse arrivato.

2 commenti:

francesca_A ha detto...

bella sta cosa!! ma l'hai scritta tu?p.s.sn francesca 1a...e nn me l'aspettavo di trovarti su intarnet!...buona fortuna per gli esami!

Erica "Eric" Gazzoldi ha detto...

E com'è andata a finire? :-O